Le parole di Fosco Maraini, orientalista e alpinista fiorentino che visitò per la prima volta il Gran Sasso alla fine degli anni Trenta, introducono nel modo migliore Campo Imperatore, il più esteso altopiano dell’Appennino che si allunga ai piedi delle vette orientali del Gran Sasso. Egli definì Campo Imperatore un “Piccolo Tibet” perché gli ricordava la pianura sconfinata di Phari Dzong, a 4200 metri sulla via tra l’India e Lhasa.
L’altipiano, posto ad una quota variabile tra i 1500 ed i 1900 m, è lungo circa 20 km e largo tra 3 e 7 km e per la suggestione del suo ambiente ha fornito scenografie ideali a numerosi film e cortometraggi d’ambientazione. Il pendio sale dolcemente ed alterna pianure alluvionali di origine lacustre con morene lasciate dagli antichi ghiacciai, rock-glaciers, nivomorene, circhi glaciali, brecciai e fiumare, pareti rocciose. Le cime che delimitano e circondano l’altopiano sono tra le più elevate e emozionanti dell’Appennino: la Scindarella e M. Portella, con i loro spettacolari circhi glaciali, Corno Grande, che domina dall’alto delle sue quattro vette, M. Aquila, i dolomitici Brancastello, Torri di Casanova e M. Prena, dalle tormentate forme ricche di canyons, l’erboso versante meridionale di M. Camicia.
Campo Imperatore possiede un’origine tettonica, con la morfologia modellata dalle alluvioni e, soprattutto, dai ghiacciai, dalla neve e dai fenomeni periglaciali. Caratteristiche sono le “fiumare”, distese di ghiaie che al disgelo scendono dalle profonde incisioni del Brancastello e di M. Prena e sulle quali si possono osservare piante che generalmente vivono alle quote superiori, oppure interessanti endemismi. Gli sterminati pascoli sono utilizzati per l’alpeggio estivo delle greggi di ovini e le mandrie di bovini ed equini.
Il mondo vegetale è caratterizzato dagli immensi pascoli di graminacee con festuche, seslerie, codoline, forasacchi, palei e cervino; sulle fiumare le piante più caratteristiche sono la Violaciocca italiana (Matthiola italica), dai fiori violetti o gialli e le foglie verde-chiaro, il Camedrio alpino (Dryas octopetala), simbolo dell’artico, da cui prende il nome l’ultima recrudescenza fredda delle passate ere glaciali (Dryas recente) e la Sesleria delle paludi (Sesleria caerulea).