Il territorio della “Baronia di Carapelle” situato nel versante meridionale del Gran Sasso, comprendeva gli insediamenti urbani di Castel del Monte, Calascio, S. Stefano di Sessanio, Castelvecchio Calvisio e Carapelle Calvisio. Il borgo di Barisciano non fece mai parte di questo territorio, probabilmente per la posizione a ridosso del Tratturo Magno e agli interessi politici legati alla città dell’Aquila.
Le indagini storiche e archeologiche dimostrano che la presenza dell’uomo in questo versante del Gran Sasso risale alla fase italica, come dimostrano gli insediamenti fortificati del Colle della Battaglia (Castel del Monte), di Monte delle Croci (Calascio) e di Monte Mattone (Castelvecchio Calvisio).
Dopo la romanizzazione, l’area ha vissuto un periodo di crisi politica ed economica, a causa della quale lo stesso disegno insediativo ha subito un cambiamento. Si è così passati da un sistema costituito da ville sparse, concentrate sui pianori e congeniale allo sfruttamento agricolo delle poche zone fertili presenti, ad una trama di insediamenti d’altura, caratterizzati da un forte accentramento urbano e da elementi architettonici propri di organismi ossidionali.
Il territorio della Baronia è spesso citato in vari documenti, in particolare nel Chronicon Volturnense. La prima citazione la rintracciamo nel placito del 2 marzo 779, in cui si narra della visita di Dagari, inviato da Ideprando duca di Spoleto, nella Valle di Trita (l’attuale Valle del Tirino), per dirimere una vertenza tra gli uomini di Carapelle e i monaci di S. Vincenzo al Volturno che nella suddetta valle possedevano la cella di S. Pietro ad Oratorium e numerosi beni.
I momenti nodali nel processo di trasformazione del territorio sono state le incursioni saracene, che distrussero il monastero benedettino di S. Vincenzo al Volturno nell’872 e il successivo assetto creato dai Normanni. Il placito del 779 fa riferimento a un’economia di pura sussistenza, ad un paesaggio in cui domina la selva, alla resistenza dei monaci e alle attività di disboscamento. Una spinta ulteriore viene data dai Normanni, che creano un nuovo disegno paesaggistico sia a livello difensivo, sia a livello economico. Recenti indagini archeologiche fanno presumere che nel territorio di Carapelle si proceda all’incastellamento proprio in questa fase cronologica.
Dal Catalogus Baronum sappiamo che signore delle terre della Baronia di Carapelle fu Oderisio di Collepietro che, ancora alla metà del XII secolo, possedeva un vasto feudo al di qua e al di là del Gran Sasso. Tutta la zona, dopo il dominio Svevo e Angioino, venne assegnata nel 1384 ai Conti di Celano. Nella seconda metà del Quattrocento il feudo fu assegnato ad Antonio Todeschini Piccolomini, nipote di Papa Pio II e genero del re di Napoli. La casata toscana governò fino al 1579, anno in cui il feudo fu ceduto a Francesco I de Medici, Granducato di Toscana che possedette la Baronia di Carapelle e il Principato di Capestrano fino all’estinzione della famiglia nella seconda metà del 1700 quando il territorio divenne parte del Regno Borbonico fino all’Unità d’Italia.
Rocca Calascio, situata ad un’altitudine di 1464 m., rappresenta per la sua coerenza d’impianto e per l’accuratezza costruttiva, una delle più interessanti strutture militari difensive. Presenta una pianta quadrata con torrioni circolari agli angoli e un maschio centrale quadrato. Alcuni studiosi considerano quest’ultimo preesistente al resto del complesso, per le caratteristiche proprie di una torre d’avvistamento medievale. Da torre, si sarebbe trasformata nell’attuale rocca nel corso del XV secolo. Nel basamento della torre centrale quadrata si apre l’ingresso che, come per altre torri d’avvistamento isolate, è sopraelevato rispetto al piano di calpestio della corte interna. Le torri cilindriche sono fortemente scarpate e presentano feritoie ad arciera con sottostante archibugiera circolare. La rocca, posta all’estremità più alta, a dominio della valle del Tirino e della Piana di Navelli, ha svolto un’importante funzione di sorveglianza del percorso fratturale aquilano, ruolo strategico che aumenta nella seconda metà del Quattrocento, quando la fortificazione, a lungo legata alla Baronia di Carapelle, passa sotto il dominio dei Piccolomini. Sotto alla rocca vera e propria, separate da un fossato, si individuano diverse abitazioni che costituivano l’antico borgo di Rocca Calascio. Ben conservata è anche la chiesa ottagonale della Madonna della Pietà, costruita nel 1451. Nel borgo di Calascio si trovano anche diversi edifici sacri: la chiesa parrocchiale, il convento e la chiesa di S. Maria della Grazie, che conserva un dipinto di Cesare Giulio Bedeschini, la chiesa di S. Carlo Borromeo, la chiesa di S. Antonio Abate e la chiesetta di S. Leonardo. Quest’ultima, utilizzata come ospizio durante le pestilenze, presenta all’interno un interessante ciclo di affreschi e una splendida scultura di San Leonardo.